Ecoluoghi 2018
Designer: METAMOR ARCHITETTI ASSOCIATI, Arch. Sara Lagna, Ing. Matteo Monosi, Ing. Francesco Giannotta, Andrea Pati
Building Companies: PERROTTAGROUP srl
Furniture design: AdC outside – Anna De Carlo e Milena Mastria
Photos by: Francesco Buccarelli
Partner e Sponsor: Associazione LUA, Laboratorio Urbano Abitare i Paduli, Unione delle Terre di Mezzo, Graziano Stincone INFISSI, Cursano S.R.L.S. OPERE IN LEGNO, Gianpiero Indino TERRE COTTE, GeG srl, Forme Italia.
La partecipazione al concorso “Eco-luoghi” è stata per noi l’occasione per riportare alle cronache contemporanee un dibattito a lungo trattato: la salvaguardia dell’architettura minore. (Giuseppe Pagano 1936 – IV Triennale di Milano, Roberto Pane 1950 – Puglia inedita, Giancarlo De Carlo 1951 Triennale di Milano, ecc..)
Il nostro non vuole essere un atto formale, ma un tentativo di favorire l’evoluzione eco-logica e funzionale di alcuni elementi costituenti il più importante patrimonio paesaggistico d’Italia: l’architettura rurale.
Un intervento a sostegno di nuove “funzionalità” dei manufatti rurali, che non ne prevarica l’identità, ma che si propone di costruire un dialogo con la sua matrice originaria (unico fondamento logico di questa architettura) attraverso l’impiego di nuove tecnologie e nuovi materiali.
Crediamo che “Ecoluoghi 2018” possa essere lo spazio per rilanciare e dare la giusta visibilità a questa tematica; il luogo ideale per tracciare nuove strategie di salvaguardia di questa eredità diffusa sul nostro territorio e al tempo stesso capace di innescare nuove economie (attraverso tecniche costruttive ecocompatibili) di supporto all’agricoltura e legate a una ricettività turistica alternativa a quella costiera, sostenibile e senza ulteriore consumo di suolo.
“Voglio difendere qualcosa che non è sanzionato”.
«Voglio difendere qualcosa che non è sanzionato, che non è codificato, che nessuno difende e che è opera, diciamo così, del popolo, di un’intera storia, dell’intera storia del popolo di una città. Di una infinità di uomini senza nome, che però hanno lavorato all’interno di un’epoca che poi ha prodotto i frutti più estremi, più assoluti, nelle opere d’arte d’autore.
Ed è questo che non è sentito, perché chiunque, con chiunque tu parli, è immediatamente d’accordo con te nel dover difendere un’opera d’arte d’un autore, un monumento, una chiesa, la facciata di una chiesa, un campanile, un ponte, un rudere il cui valore storico ormai è assodato. Ma nessuno si rende conto che invece quello che va difeso è proprio questo anonimo, questo passato anonimo, questo passato senza nome, questo passato popolare».
Pier Paolo Pasolini, La forma della città, 1973